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Journal

Pratica

03 Settembre 2019

Tutto cominciò da un VHS

Andrea Ascari


Stiamo parlando di eoni fa, precisamente la primavera del 1996 in cui fuggo a Londra per rimettere insieme i miei pezzi dopo: a) l’esplosione drammatica di un rapporto di coppia pluriennale affettivo/artistico/professionale; b) uno strappo all’inguine che mi obbliga a riflettere sul continuare a calcare le scene come danzatore; c) la laurea appena conseguita in musicologia che mi ha drenato.
A Londra sono senza un soldo ma abito a casa di Misty Oldland, una cantautrice neo-soul che ha appena avuto una hit da classifica (“A Fair Affair”) e si è comprata un appartamento in zona Notting Hill grazie a un contratto con la Sony Music. Essere poveri in un quartiere ‘in’ è molto frustrante. Cerco qualche lezione di danza da seguire ma i prezzi sono altissimi. Lì vicino, a Maida Vale, offrono lezioni gratuite di Yoga/Pranayama al mattino presto, con vari allievi tirocinanti che si alternano. Non ho mai fatto Yoga ma in quel momento sono aperto ad alternative e quelle lezioni gratis sono l’unica cosa che posso permettermi. Il metodo non lo conosco, di un tale Iyengar, ma subito mi sento a casa: l’approccio principalmente fisico, con azioni precise descritte in termini anatomici, è molto vicino alla mia esperienza con la danza, mentre le lezioni di introduzione al pranayama ripropongono molti dei principi di respirazione teatrale e vocale che conosco.
Purtroppo per esigenze familiari devo subito rientrare in Italia rifugiandomi nella taverna di mia sorella a Sassuolo. In quel periodo le edicole sono un pullulare di riviste a tematica New Age con CD o Videocassette annesse. Per continuare un po’ la pratica incontrata (allora andava di moda allenarsi in casa con le videocassette di aerobica di Jane Fonda, Cher o John Travolta) compro una VHS di Yoga allegata a “Essere New Age” dove una giovane e bellissima Patricia Walden (decisamente una ballerina classica) pratica all’alba in mezzo al deserto con musichette d’ambiente in sottofondo ringraziando il suo maestro B.K.S. Iyengar. Iyengar: di nuovo lui! Cerco indizi sulla confezione e trovo un numero di telefono di Firenze per informazioni. Telefono immediatamente e mi risponde un po’ di fretta Gabriella Giubilaro che mi informa che la possibilità di praticare Iyengar Yoga più vicina a me è una coppia di tirocinanti che sta mettendo insieme una classe a Bologna. Chiamo il numero di Bologna e l’insegnante, Lidia Casoni, mi dice che la prima lezione sarà il giorno stesso da lì a due ore. Schizzo con la mia Autobianchi rosa metallizato (la mitica Mon Chérie ormai prossima alla rottamazione), parcheggio in Via Irnerio (allora si poteva ancora!) e mi presento in Via Belle Arti poco prima della Pinacoteca.
Il gruppo si raduna davanti al portone di un palazzo antico e a quel primo incontro ci presentiamo in due, io e Patrizia, una ragazza con problemi di schiena, con due insegnanti tutti per noi: Lidia e un ragazzo che di cognome fa Leo. Saliamo infinite scale verso il sottotetto del palazzo dove ha sede il centro nazionale di Danza Terapia: lì praticheremo Yoga. Danza e Yoga! Le coincidenze mi sembrano vertiginose.
Lidia è una commercialista: pragmatica, ironica, ostinata, dal corpo compatto e sportivo. Leo è un bancario longilineo, particolarmente dotato per lo Yoga ma dall’aspetto un po’ nerd. Entrambi molto bolognesi e per nulla esotici. La stanza della pratica è piccola, ha un soffitto a volta e le finestre danno sui tetti del centro. I props sono nello sgabuzzino dove ci si cambia: dei mattoni pesantissimi, delle cinture colorate fatte in un negozio di Piazza Roosevelt (mi dice Lidia, perché le voglio subito anche io) e dei plaid di lana sfrangiati a quadratoni scozzesi. Il costo è simbolico, giusto l’affitto dello spazio, e l’atmosfera è assolutamente non pretenziosa e per nulla “spirituale”. Non ci propongono nessuna invocazione iniziale o finale: l’unica cosa esotica è il nome delle posizioni, che imparo si pronunciano àsana e non asàna (come in molti le chiamavano allora).
La lezione comincia con Supta Baddha Konasana (un classico inizio di Lidia) e subito ho un enorme sollievo al diaframma dato che le mie costole sparate in avanti, peggiorate dopo tanti anni di pianoforte, ricevono un sostegno da dietro dato dalle coperte piegate. La sequenza si rivela essenziale ma perfetta: giusto Tādasana, Vrksasana, Trikonasana, Pūrvottānasana e Adho Mukha Svānāsana fatti e rifatti aggiungendo un particolare alla volta con la totale attenzione della coppia d’insegnanti su noi due allievi. Con la rotazione interna della radice delle cosce, il mio inguine sofferente sta subito meglio anche se non posso aprire molto le gambe. Abituato con la danza a contrarre i glutei, a ruotare le cosce ‘en dehors’ e a schiacciare il sacro, il solo ‘tirare sù’ le ginocchia e allargare gli ischi in Uttānasana mi fa rinascere anche e cosce posteriori, come una pianta annaffiata dopo una lunga siccità. Le tensioni al bacino, sempre a causa del misto pianoforte-danza, hanno sùbito un miglioramento tirando i femori verso di me e portando l’interno cosce verso terra in Dandāsana. Il rilassamento finale, poi, è ciò che ci vuole dopo anni di movimento esasperato e musica: finalmente non fare assolutamente nulla nel silenzio totale!
Ovviamente m’innamoro della situazione, sento di essere stato “chiamato” da un’esperienza importante che in quella città sta nascendo e di cui sono il primo allievo. Non mancherò a nessuna lezione, dapprima facendo due volte a settimana avanti e indietro Sassuolo/Bologna, poi coabitando con Giuseppina dietro l’angolo in Via Cento Trecento mentre comincio una magnifica avventura con la nascente Bernstein School of Musical Theatre e il Teatro Comunale di Bologna, tutti a un tiro di schioppo.
A fine anno Leo ci lascia: si è certificato come insegnante Iyengar ma nel frattempo è nato un altro figlio e una nascente esperienza di Internet Banking lo assorbe a tempo pieno. Lidia sarà la mia insegnante per molti anni, ci trasferiremo al centro Vitalba – dietro alla Cineteca -mi convincerà a fare il Teacher’s Training con Emilia Pagani (dove incontrerò prima Chiara, poi Eugenia, Antonella e Olga) e le farò da assistente fino al 2007, anno della mia certificazione. Lascerò progressivamente la danza (anche se in scena mi capita ancora di sgambettare) e l’Iyengar Yoga diventerà la mia principale disciplina. Non cercherò altre vie perché, nel mio eclettismo, almeno nell’Iyengar Yoga ho trovato davvero casa.

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